Nome
  GUADO
Altri nomi volgari
  Glasto comune, Erba di guado, Tintaguada, Guadone, Vado, Glastro.
Taxon
  Isatis tinctoria L.
Famiglia
  Cruciferae
Etimologia
  Il primo termine del binomio deriva dal greco isazo con il significato, come riferito da Dioscoride, di “levigare”, per le proprietà abrasive di questa pianta usata per rendere liscia la pelle oppure, secondo Tournefort, con il significato di “rendere unito” per le proprietà adesive, sfruttate in cosmetica. Il secondo termine del binomio deriva dal latino 'tingo' = tingere e fa riferimento alle proprietà coloranti della pianta.
Caratteri botanici
  Pianta erbacea bienne, sparsamente pelosa, caratterizzata da uno scapo eretto, alto fino a 120 cm, ramificato in alto, e da foglie astate, acute, amplessicauli, di colore verde glauco. Tra maggio e luglio compaiono i fiori, di colore giallo vivo, riuniti in densi racemi terminali. I frutti sono siliquette pendule, oblunghe.
Habitat
  Il Guado cresce comunemente su substrati rocciosi, nelle colture abbandonate, nelle radure e lungo i margini di strada.
Parti commestibili
  Le infiorescenze (taddi, giummi o brucculeddi) prelevate nel mese di Aprile con i fiori ancora in boccio (fig.6).
Uso alimentare
Lessi Frittate
  I germogli del Guado non sono una verdura molto ricercata, forse a causa della loro non facile digeribilità. Si consumano lessati e conditi con olio e limone oppure come ingredienti nelle frittate.
Commercio
  GUADO
Diffusione
  Non si conoscono notizie circa l`uso alimentare di questa pianta al di fuori del territorio etneo.
Osservazioni
  - Le virtù tintorie Il Guado (dal celtico weid = erba selvatica) fornisce anche una sostanza colorante (guado o pastello) adoperata in passato per tingere i filati o fare tinture cosmetiche LIPPERT & PODDLECH, 1991). Tale impiego trova testimonianza in reperti tessili risalenti al V secolo a.C., come pure negli scritti di Cesare (I secolo a.C.) circa l’uso che i Bretoni ne facevano per tingersi i corpi prima delle battaglie. Il vasto impiego come colorante diede avvio nel Medioevo alla coltivazione della pianta. Verso il secolo XIII, con l`intensificarsi degli scambi commerciali tra Europa ed Oriente, venne importata dall`India l`Indigofera anil L. la quale soppiantò rapidamente il Guado nell’industria tintoria, contenendo, in maggiori quantità, lo stesso colorante, da allora chiamato indaco (il colore dei blue jeans). Nel XIX secolo, l’utilizzazione di entrambe le specie a fini tintori ebbe termine, in quanto nel 1870, con l’avvento dei coloranti sintetici, fu avviata la sintesi chimica dell’indaco ad opera del chimico Baier e, nel 1890 un altro chimico Heumann avviò la sua produzione a fini industriali. A dispetto di tutte queste vicissitudini storiche, nel territorio etneo il popolo sconosce totalmente le proprietà tintorie della pianta.
Nomi dialettali
Adrano: Specie ritenuta non commestibile nel territorio
Belpasso: Specie ritenuta non commestibile nel territorio 
Biancavilla: non rilevato
Bronte: Specie ritenuta non commestibile nel territorio
Castiglione: non rilevato
Linguaglossa: Cavulucarammu
Maletto: Mai
Milo: Cavulucarammu
Nicolosi: Cavulucarammu
Pedara: Cavulucarammu
Ragalna: Cavulu di carammu, Calacarammu
Randazzo: Maju
San Giovanni: non rilevato
Santa Venerina: Cavulucarammu
Zafferana: Cavulucarammu
 
 
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