TORRE ARCHIRAFI - ALTARELLO - CARRUBA
Il geografo arabo Al-Idrisi nel suo trattato di geografia "Il
libro di Re Ruggero", scritto tra il 1139 ed il 1154,
parlava di un luogo denominato "Ajn'al al Qasab" (Fonte
delle canne), 12 miglia a Sud del fiume Alcantara, ove
abbondavano canneti, e che lo storico Michele Amari identificò
con Torre Archirafi.
Detto sito, abitato da un primitivo nucleo di pescatori, era
collegato con "L'anticaglia di San Giovanni" per mezzo
di un sentiero, di circa due Km tracciato lungo la fascia
costiera. Alla fine del secolo XIV, per ordine del Viceré del
tempo, vi fu costruita una torre vicino al
mare a difesa della costa dalle incursioni dei pirati e per
segnalare il passaggio di navi corsare alla torre-fortezza "Tocco
del cannone", posta in terra d'Aci, ed al "Forte di
Riposto".
Nel secolo XVII, il
feudo dove sorgeva la torre apparteneva alla famiglia Natoli di
Messina e durante il secolo XVIII il primitivo nucleo di
pescatori s'ingrandì.
Nella stessa epoca venne ampliata la chiesa precedentemente
costruita.
Nella seconda metà del XVII secolo avvenne la trasformazione
agraria della Contea da terreno boschivo in vigneto; detta
trasformazione fu diretta ed organizzata dai proprietari di terre
acesi, e portò alla completa distruzione del bosco d'Aci che da
Stazzo e Pozzillo si estendeva nell'entroterra; da ciò scaturì
uno squilibrio del sistema ecologico tanto che il regime idrico
fu modificato e le paludi dell'Auzzanetto s'ingrandirono
divenendo portatrici di malaria, mentre sparì il laghetto della
"Gurna".
Intanto le tristi vicende di Messina, turbata negli anni da
ribellioni, peste, terremoti, inondazioni, alimentarono una
continua emigrazione dei Messinesi nella Contea ed in particolare
attorno allo "Arzanà", dove dettero origine ad un
terzo nucleo di "gente dello stretto" che amalgamandosi
con i precedenti, formò una "colonia mercantile".
Sui ruderi della "Anticaglia di San Giovanni", i
Messinesi costruirono la chiesetta della "Madonna della
Lettera" e fecero di tutto per far nascere, accanto alle
umili capanne di graticci di canne, un paese lineare e parallelo
al mare.
A quel tempo
"... Le notti d'ottobre nella campagna era veramente un
tripudio di gioia perché la fatica era corale e sostenuta da
questa reciprocità della presenza fisica di servi e padroni che
per un attimo dimenticavano le loro differenze sociali ed
economiche.
Altarello, che trae il suo nome da una grande icona posta nel
luogo dove oggi sorge la chiesa, si trovava nel centro di questo
territorio anche perché grossi proprietari acesi avevano, in
questangolo ridente della fertile piana di Mascali, ottime
proprietà: i Gambino, i Mertoli, i Maugeri, Donna Petronilla e
Donna Venera Carpinato, i Rocca, i Platania, i Figuera sono le
famiglie più rappresentative. Ed era evidente che questo luogo
fosse anche meta dei Cappuccini i quali trovavano abbondante
questua per i loro conventi. Essi si stanziarono nello "Ospizietto"
certamente tra la seconda metà del 1600 e il 1700 dopo la loro
definitiva sistemazione ad Acireale. L'Ospizietto serviva come
centro di raccolta di tutti i prodotti della terra ..."
Intanto nel secolo XVIII una potente famiglia veneziana, i
Pasini, s'era stabilita ad Acireale ed in poco tempo aveva
accumulato un'immensa distesa terriera a Sud-Ovest del "torrente
Jungo".
I Pasini, illuminati amministratori, operarono nella zona una
politica di popolamento e svilupparono l'insediamento sparso,
attirando manodopera e favorendo la formazione di piccole
fattorie; infatti, costruirono nel 1725, a Sud dello "Jungo"
una loro casa di campagna a cui doveva far capo il secondo nucleo
dell'antica Riposto, quel nucleo che prese nome "Scariceddu"
(piccolo scalo) per distinguerlo da quello "scaro" già
esistente.
Al limite Nord delle terre del "Bosco d'Aci" v'era una
macchia di vegetazione di carrubi ed attorno ad essi, ben presto
sorsero alcune case sparse di contadini ed il sito prese nome di
Carruba.
Il nucleo s'ingrandì allorquando nelle contrade vicine "gisterna
a due bocche", "gisterna della Caramma", "gisterna
Raffo", sorsero piccole industrie per la lavorazione del
gesso, della calce, dei mattoni e quindi viottoli che portavano
alla marina di S. Tecla, Pozzillo, Torre Archirafi.
Bisognerà aspettare il 1855 per vedere questo nucleo divenire
borgata allorquando la società Florio realizzerà a Catania un
impianto per l'estrazione dell'alcool dalla polpa del carrubo e
il nobile acese Martino Fiorini donerà il terreno dove sorgerà
nel 1892 l'attuale chiesa intitolata a San Martino.
Alla metà del XVIII secolo, le rendite che la Contea dava ai
Vescovi catanesi diminuivano sempre piú, sicchè nel 1757, le
"terre di Mascali" cessarono definitivamente di far
parte della mensa vescovile di Catania e la sua amministrazione
passò nelle mani del Re.