Introduzione
Le erbe come risorsa alimentare
Limiti della trattazione
Nomi scientifici e dialettali
La raccolta
Gli usi
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Gli usi
Le verdure spontanee, una volta raccolte, vengono direttamente consumate oppure messe in commercio.

Il commercio delle verdure spontanee è praticato, in genere, come occupazione secondaria, perlopiù da contadini o boscaioli. Tuttavia, pur trattandosi di merce a costo zero, fatta eccezione del dispendio di tempo necessario a cercarla e raccoglierla, la sua vendita non offre mai notevoli introiti, specialmente a confronto del commercio dei funghi selvatici.

Di norma gli erbaioli vendono le verdure raccolte direttamente al pubblico, su banchetti improvvisati ai margini delle strade o nei mercati rionali oppure girando con il carrettino o con il motofurgone. In effetti, alcune verdure, ad esempio il Cavolicello, il Finocchio selvatico e l'Asparago pungente, sono piuttosto richieste dal consumatore; in questi casi l'erbaiolo rifornisce il fruttivendolo il quale vende, poi, la merce nei negozi di frutta e verdura a prezzi maggiorati., Tuttavia, nel complesso, il commercio delle verdure spontanee rimane poco proficuo a causa non solo del basso valore della merce, ma anche dal breve periodo di disponibilità del prodotto, legato al ciclo stagionale delle diverse specie.

Per poter essere consumate, le verdure devono essere innanzitutto pulite. Pulire l'erbaggio (annittari a viddura) è un'operazione, di norma, molto semplice, che consiste nella eliminazione delle parti secche e degli eventuali frammenti di erbe non commestibili accidentalmente frammisti alla verdura, quindi nel lavaggio accurato, fatto sempre con acqua fredda. In taluni casi, però, la pulitura della verdura è più complessa; ad esempio, i getti della Bacchetta di re devono essere prima "spellati", i turioni degli Asparagi e quelli del Tamaro devono essere separati dalla porzione apicale tenera e da quella basale tenace e, soprattutto, i "carducci" della Cardogna e dell' Onopordo devono essere sottoposti ad una complessa operazione di rimozione delle loro innumerevoli spine aguzze.

Dopo la pulitura, la verdura può essere consumata cruda o cotta a seconda del tipo.
Le verdure crude si preparano generalmente in insalata, con eventuale aggiunta di origano e pomodoro. Classica è l'insalata ottenuta con la Porcellana.

Le verdure destinate alla cottura possono essere consumate singolarmente oppure mescolate ad altre e in tal caso si parla di mesticanze. Le mesticanze (vidduri maritate o mmischigghi) si approntano per bilanciare il sapore forte di certi erbaggi con quello debole di altri. La cottura si compie esclusivamente in acqua (verdure lessate).

Un classico esempio è dato dal Caccialepre mescolato con il Crespigno e il Finocchio selvatico.

Nella maggior parte dei casi, però, prevale l'uso di verdure di un solo tipo le quali si preparano lessate o saltate in padella e servite come piatto unico o come condimento di frittate. Un tipico piatto serale, consumato da numerose generazioni di gente dell'Etna, è stato la minestra di verdure con il suo abbondante infuso (u brodu) nel quale inzuppare il pane.

Per alcune verdure la cottura deve essere preceduta da opportuni accorgimenti; ad esempio, le cime di Vitalba vanno sbollentate in abbondante acqua per eliminare le sostanze tossiche in esse presenti, oppure le cime del Cappero devono subire un complesso trattamento in acqua e sale per allontanare la sostanza amara che contengono.
In qualsiasi modo vengano consumate, crude o cotte, in mesticanza, come piatto unico o come contorno, le verdure dell'Etna hanno, comunque, un sapore che non ha eguali, perché risultato di una crescita spontanea secondo ritmi biologici naturali.

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