Piante saccarifere
Tutte le piante verdi, grazie alla fotosintesi, sono in grado di produrre
zuccheri che servono perlopiù come fonte energetica per i vari
processi metabolici.
Alcune, però, sono in grado di accumularne in grandi quantità
e, più di ogni altre, si prestano ad essere sfruttate commercialmente.
Dal punto di vista alimentare ed economico lo zucchero più importante
è il saccarosio, il più diffuso e abbondante
degli zuccheri presenti nelle piante. Chimicamente è un disaccaride,
formato per condensazione di una molecola di glucosio e di fruttosio,
che si presenta in cristalli di colore bianco.
Il saccarosio viene estratto principalmente da due piante, la canna
da zucchero (Saccharum officinarum), una graminacea di
origine tropicale, coltivata soprattutto in India, Brasile, Cina, Is.
Hawaii, e la barbabietola da zucchero (Beta vulgaris),
una chenopodiacea di origine mediterraneo-orientale, coltivata largamente
in tutta l'Europa, Italia compresa.
La prima accumula lo zucchero all'interno del lungo fusto cavo (culmo),
la seconda, invece, all'interno della grossa radice carnosa.
Il succo zuccherino, ottenuto per spremitura dai culmi di canna macinati
o per diffusione osmotica dalle radici affettate e riscaldate della barbabietola,
viene opportunamente depurato, filtrato e fatto cristallizzare fino ad
ottenere lo zucchero greggio, di colore giallastro. Questo
può già essere consumato come dolcificante, ma più
frequentemente viene sottoposto a raffinazione e perfettamente sbiancato,
quindi messo in commercio dopo una grossolana frantumazione (zucchero
pilè) o dopo essere stato macinato e setacciato (zucchero
semolato).
Altre piante sono usate commercialmente per l'estrazione dello zucchero,
presente nella linfa in elevata concentrazione. Tra queste: Acer saccharum,
apprezzato nel Nord America sotto forma di sciroppo, alcune specie di
palma, come Arenga saccarifera e Caryota urens, l'albero
della manna (Fraxinus ornus) che produce una linfa zuccherina molto
ricca di mannosio.
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